Etichub e la cosmetica sostenibile

Etichub ha parlato di cosmetica sostenibile partecipando alla tavola rotonda “Small talks on Sustainability” della decima edizione della Skin Summer School.

La scuola internazionale di cosmetica organizzata dall’Università di Pavia sotto la guida della prof.ssa Perugini quest’anno ha approfondito il rapporto tra innovazione e sostenibilità nel mondo cosmetico.

La co-founder, Dr Bleve, è stata protagonista insieme ad altri rappresentanti di aziende del settore: Roelmi HPC, ActiveBox e PCP per il comparto delle materie prime cosmetiche, Coslab e Artcosmetics, contoterzisti della filiera, ed infine Istituto Ganassini, azienda di brand, sotto l’occhio esperto della presidente congressuale.


Come si declina nel mondo il tema della cosmetica sostenibile? Come è recepita fuori Europa la questione, dall’estremo Oriente al continente Africano?


Questa la domanda iniziale giunta dall’audience che ha animato tutta la discussione e fornito una cascata di punti di vista differenti sulla cosmetica sostenibile.
Ciò che è apparso subito chiaro è che oggi l’Europa, già leader mondiale della cosmetica, è pioniera sul tema della sostenibilità. Anzi, la sua posizione di vantaggio e forza può essere trainante a livello governativo per far sì che vengano intraprese nuove iniziative e si promuova chiarezza e regolamentazione del tema. Insomma, la spinta propulsiva di attenzione ecologica e sociale che arriva del consumatore è già recepita dall’industria del vecchio continente che oggi deve giocare un ruolo determinante.
Certo è che questa rimane una visione eurocentrica: nei paesi meno sviluppati sussistono ancora altre priorità che fanno inevitabilmente ombra sul tema.
Per il resto, lo scenario globale viaggia a macchia di leopardo: in Sudamerica, in Brasile specialmente, l’attenzione all’aspetto della sostenibilità ambientale è molto forte. La grande biodiversità naturale e il desiderio di preservare un patrimonio naturale vasto ed eterogeneo catalizzano l’attenzione e la sensibilità sul tema. In Asia sembra prevalere la dimensione sociale della sostenibilità declinata nei concetti di mitigazione della povertà e annullamento delle sperequazioni dei benefici tra classi sociali.


Come gestire, quindi, una filiera cosmetica sempre più interconessa globalmente?


Sarebbe bello ci fosse una risposta univoca ma ancora non c’è. Il mondo è un network: questo è il dato di fatto. Ogni cosa ne influenza un’altra ed anche il processo, il prodotto o servizio oggi non toccato dall’idea di cosmetica sostenibile verrà presto investito da questo ciclone.
In generale, si può cercare di trovare un approccio che, passo dopo passo, possa comprendere tutti gli aspetti della sostenibilità tenendo a mente le 3 P: planet, people e profit. Ciò significa rivedere ogni fase della filiera produttiva del cosmetico, ogni processo ed ogni eventuale spreco. E qui la conversazione si è accesa sulle materie prime. Lo smaltimento di ingredienti in scadenza è oggi un aspetto critico: c’è chi stringe rapporti con università od enti di ricerca per utilizzarli a fine educativi, c’è chi li offre in scambio economico vantaggioso. Quindi, si è innescata una nuova domanda.


E la sicurezza?


La sicurezza del cosmetico non può essere mai messa in discussione. Il cosmetico è sicuro per sua stessa definizione, come sottolineato da tutti i presenti. Non solo: gode di un incredibile valore sociale. Ognuno di noi li utilizza quotidianamente. Le stime dicono che ogni persona ne applichi una media di 8 al giorno. Lontano dall’essere un bene effimero, è un alleato che ci accompagna per affrontare meglio la vita.

Da questo asse, il dialogo è poi planato su un altro tema caldo e interconnesso: l’educazione del consumatore su tutti gli aspetti legati al prodotto ed oggi più che mai sulla sostenibilità.
In questo campo, parlare di educazione dovrebbe essere d’obbligo: la complessità del tema merita chiarezza e informazioni per renderlo qualcosa che vada oltre il trend di passaggio.
Il consumatore consapevole, grazie a informazioni trasparenti e ad una comunicazione efficace e veritiera, dovrebbe essere messo nelle condizioni di trovare un prodotto che sia, magari, meno accattivante ma più impattante -positivamente- sull’ambiente e sulla società. Una frase che assume i connotati di uno slogan a sottolineare quanto, anche da parte degli addetti ai lavori, ci sia il desiderio di dare i giusti attributi al prodotto.

Il peso dell’innovazione


C’è però chi dissente dalla linea unica e ribadisce che non tutta la popolazione converge sui temi della sostenibilità. Una buona fetta è ancora saldamente ancorata nella ricerca di prodotti cosmetici ad elevate performances. Altri chiedono la ricerca di nuove materie prime che coniughino entrambi gli aspetti. Ed è qui che innovazione e sostenibilità si devono incontrare. Qui che si assesta la vera sfida formulativa. Una sfida che può essere governata solo grazie a sani rapporti interni alla filiera tra produttori e distributori di materie prime e formulatori attraverso un mutuo scambio di informazioni.
C’è poi chi sottolinea, ricollegandosi all’educazione del consumatore, quanto questo sia anche connesso al tema della responsabilità sociale dell’azienda: lo sforzo da intraprendere è agire in maniera sostenibile e promuovere una informazione sostenibile che fornisca al gli strumenti utili per la migliore gestione del fine vita di prodotto. Spesso la mancanza di chiarezza su termini e definizioni non aiuta.


La situazione packaging?


Il packaging è spesso una delle vittime di questa confusione tra concetti che sembrano sinonimi ma non lo sono. Basti pensare ai termini “riciclabile”, “riciclato”, “biodegradabile”, “biobased” e, appunto, “sostenibile”. Se è vero che il contenitore è uno dei primi elementi apparenti su cui misurare l’impronta ecologica del prodotto, nonostante i grandi sforzi intrapresi, forse bisogna ammettere che non si è ancora pronti ad un vero cambiamento, chiosano i partecipanti. Compatibilità, sicurezza del prodotto, alternative reali di nuovi materiali meritano ancora studio. Serve cambiare approccio ma oggi anche le aziende, in materia di pack, stanno prendendo tempo per capire come evolve la situazione.


Quali sono gli scenari possibili?


Sembra che oggi, in azienda, lavorare in ottica saving sia lo scenario più immediato e percorribile. Puntare sul miglioramento dei flussi delle materie prime, limitare le scorte, accorpare le produzioni. Questo permetterebbe di fornire al consumatore qualche prima informazione veritiera. Raccontare la sostenibilità è ancora problematico. Non esiste ancora unaa dimensione pubblicitaria definita. Se per i claims cosmetici esiste un riferimento legislativo inequivocabile (ndr Reg. 655/2013), nel campo della dichiarazione della cosmetica sostenibile manca, anche se qualcosa pare muoversi.


E quindi?


Giocare d’anticipo, precedendo un regolamento e istituendo dei nuovi approcci sembra la strada maestra da imboccare per le aziende. Definire un percorso virtuoso è possibile anzi dovuto. Così si avrà un vantaggio competitivo e il mondo della cosmetica italiana ed europea terrà la testa del treno, gestendo senza ipocrisia anche gli aspetti di sostenibilità economica.
C’è chi non manca di sottolineare un ulteriore tassello: essenziale sarà la condivisione delle informazioni. Diffondere il know how è difficile ma può davvero portare ad uno sviluppo di cosmetica più sostenibile. E’ solo con la conoscenza diffusa che ci si avvicina al progresso.
Una degna conclusione per una tavola rotonda che non ha mancato di fornire spunti e accendere dibattiti nell’ascolto partecipe di tutti i presenti.

Non ci resta che aspettare l’edizione 2023!

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Cosmetica sostenibile